METHODS ON TROPICAL REEF MONITORING: LA MIA ESPERIENZA

Sono su un treno, è novembre, mattina presto. Fuori dal finestrino, paesaggi grigi si sorpassano a vicenda, tutti uguali. C’è una nebbia fitta e fredda che avvolge tutto, rubando i colori. Il treno sfreccia veloce lungo i binari, ma la mia mente corre in direzione opposta e torna indietro. 

 Subito mi torna alla memoria l’immagine di un giardino di coralli. Solamente un mese fa, dall’altra parte del mondo, i miei occhi ancora una volta si aprivano sott’acqua e attraverso la mia grande maschera mi godevo un paesaggio nuovo che non avevo ancora mai visto: il fondale marino antistante l’isola di Bangka, nel nord Sulawesi indonesiano, al centro di quello che viene definito il Triangolo dei Coralli. 

Non è facile spiegare a parole quello che si prova quando si scende sott’acqua, soprattutto a chi sott’acqua non è mai sceso. In un attimo indosso tutta l’attrezzatura, immergo la testa e mi lascio dietro tutto un mondo emerso, che a volte sembra proprio non appartenermi. Sarà solo una mia impressione, non lo so, ma sembra tutto più vivo là sotto, rispetto che sulla terraferma, ma al tempo stesso così calmo e silenzioso e lì trovo la mia pace. Appoggio la testa al finestrino del treno, chiudo un attimo gli occhi e mi sembra di essere lì di nuovo. Io insieme ad altri giovani provenienti da tutto il mondo, biologi marini accomunati tutti da una grande passione e un unico obiettivo condiviso: imparare di più sull’affascinante mondo dei coralli tropicali. Ecco perché abbiamo partecipato a questo workshop, abbiamo fatto domanda e viaggiato ore, chi più chi meno, prima di arrivare in questo paradiso, che lo è… lo è assolutamente, credetemi! 

Nutro da sempre una grande passione per le bellezze della natura, mi piace andarne alla scoperta durante qualsiasi stagione e trovare in loro un po’ di pace e sosta dalla frenetica vita in città, ma nutro per il mare una passione forse ancora più grande. Non so perché, non penso sia razionale, ho semplicemente sempre amato stare in acqua fin da quando ero piccola e negli anni questo amore è diventato ancora più forte, tant'è che dopo gli studi classici mi ha spinto ad iscrivermi alla facoltà di biologia.

Una bella frase che lessi in un saggio sul Mediterraneo diversi anni fa recita “noi tutti veniamo dal mare e alcuni di noi sentono forte la necessità di tornarci”. D'altronde il mare è l’ambiente in cui si formò la vita e anche solo per questo dovremmo averne rispetto, proprio come un figlio porta rispetto alla madre. Purtroppo, però, non è sempre così. Ad oggi il mare sta soffrendo a causa di numerose minacce e l’uomo, direttamente o indirettamente, ne è responsabile. Le scogliere coralline sono tra gli ecosistemi più minacciati, a causa della pesca eccessiva e praticata con mezzi distruttivi, dell’inquinamento delle acque, del cambiamento climatico e di tanti altri fattori. Noi siamo andati in Indonesia proprio per saperne di più, perché quel mare che tanto amiamo e studiamo vogliamo salvarlo.

Così lezioni teoriche e seminari si sono alternati, nei diversi giorni, a sessioni in mare, per mettere in pratica quanto stavamo imparando nel modo più diretto possibile. In quei giorni abbiamo imparato ad utilizzare chiavi per distinguere i coralli a livello di genere, metodiche per valutare lo stato di salute del reef basandoci sull’abbondanza e la diversità di vertebrati e invertebrati che lo colonizzano, indicatori per stimarne il fenomeno dello sbiancamento, ed altro ancora.  Si tratta di metodi semplici pensati da Reef Check per essere condotti da volontari aventi un diverso background, ma che al tempo stesso rappresentano un importante supporto agli studi scientifici, perché forniscono dati su cui potranno lavorare i ricercatori, dati disponibili a tutti che permettono di aumentare le nostre conoscenze, rendendo anche i cittadini partecipi alla ricerca scientifica, in quella che viene definita la “scienza partecipata”

 Adoro questa espressione, mi piace l’idea che i volontari non scienziati possano dare in qualche modo il loro contributo alla scienza, ma al tempo stesso che la scienza possa aprirsi ai volontari. Penso che le conoscenze che otteniamo dalla ricerca non debbano rimanere esclusivamente all’interno della comunità scientifica, ma al contrario è importante poterle condividere con la collettività, diversamente qualsiasi scoperta rimarrebbe fine a sé stessa. La conservazione non può essere di interesse esclusivo dei conservazionisti, deve interessare tutti, altrimenti non si raggiungerà mai, rimarrà sempre soltanto un obiettivo lontano. A questo fine credo sia importante che chiunque sappia di avere la possibilità di contribuire nel suo piccolo alla scienza, partecipando a progetti come quello che Reef Check porta avanti in mari tropicali e temperati. Io stessa, infatti, prima di andare fino in Indonesia ho imparato prima a monitorare il mio Mediterraneo e poi insegnato ad altri subacquei appassionati del mare a tutelare quanto di più bello abbiamo e partecipare alla raccolta dati riguardanti specie target del Mare Nostrum.

Pensandoci ora, dopo più di un mese dal mio rientro in Italia, vorrei che chiunque vivesse quello che ho vissuto io ad ottobre in Indonesia. Le giornate sono state intense, teoria e pratica ci occupavano tutto il giorno e la sera ero sempre entusiasta e con tantissima voglia che arrivasse in fretta il giorno dopo per scoprire di più ed applicare subito le conoscenze appena apprese durante una nuova immersione.  Ogni volta che entro in acqua dopo aver scoperto qualcosa di nuovo riguardante il mio amato mare è come se avessi occhi diversi. Qualcosa che è sempre stato lì, che era lì anche il giorno prima, ora appare in un altro modo, o forse appare per la prima volta. Vediamo solo le cose che conosciamo e rispetto alle precedenti immersioni che ho avuto in mari tropicali, adesso posso dire di essermi immersa veramente.  Solo se conosciamo qualcosa, possiamo apprezzarlo a pieno, per questo è fondamentale continuare a studiare, imparare, scoprire e non smettere mai! Ho conosciuto tanti ragazzi in Indonesia, che nutrivano un forte desiderio di conoscere che traspariva dagli occhi e, dopo questa esperienza dall’altra parte del mondo, sono tornata a casa con una consapevolezza nuova. La consapevolezza che non è tutto spacciato, possiamo ancora salvare il nostro mare e possiamo farlo fino a che ci saranno persone in tutto il mondo che nutrono la speranza di poter cambiare le cose.  Porterò con me questa consapevolezza, insieme a tutti i bei ricordi di questa stupenda esperienza, ho conosciuto persone fantastiche, imparato tantissimo e vissuto momenti meravigliosi che rimarranno indelebili nella mia memoria e che sono contenta di poter condividere con voi. 

 

Giulia Zini

RCMed Ecodiver Trainer

 

Photo-gallery by Eva Turicchia