di Daniele Grech
Occhio alla medusa? Macché, qua si tratta di Salpe. Quest’anno i più coraggiosi bagnanti primaverili dell’Adriatico le hanno viste. Non
parliamo del pesce che possiamo trovare in prossimità della posidonia (Sarpa salpa), ma di Salpe o Taliacei (Tunicati) che dir si voglia: organismi gelatinosi come le meduse, ma
estremamente differenti dal punto di vista anatomico. Le meduse sono degli cnidari, con una struttura molto più semplice rispetto alle salpe che sono animali anch’essi planctonici, ma
cordati.
I cordati sono un gruppo che possiamo suddividere in urocordati, cefalocordati e vertebrati. Le salpe appartengono agli urocordati: ancora
non-vertebrati, ma parenti strettissimi di questi ultimi ……ebbene si, siamo molto più affini a loro che ad un gamberetto! Differenze si possono notare anche osservando la struttura di
questo animale, molto diversa da quella ad ombrello di una tipica medusa (Foto 1).
E’ ormai oltre un mese che questi animaletti sono presenti nelle acque al largo dell’Adriatico Settentrionale, risultando localmente molto abbondanti. Negli ultimi tempi, sul ponte dei
pescherecci che praticano la pesca del traino pelagico per la cattura delle acciughe, è stato comune rinvenire molti esemplari della specie Salpa maxima, spesso impigliati nelle
maglie delle reti e “smontati” delle loro lunghe catene che formano in mare (Foto 2).
Il fenomeno ha catalizzato grande attenzione grazie anche all’ampio spazio dedicato dalle cronache locali della Puglia, zone in cui a quanto pare, questo fenomeno ha assunto una portata notevole con la specie Thalia democratica, con numerosissime segnalazioni soprattutto in Salento (Foto 3), ma anche a Polignano e Monopoli, dove i “serpenti di mare” hanno allarmato non poco i primi bagnanti della stagione. Si tratta in realtà di organismi che sono assolutamente innocui e non rappresentano un problema per la balneazione (non hanno cellule urticanti come le meduse), e molto importanti per il ruolo che giocano nel ciclo del carbonio.
Foto 2. Esemplari di Salpa maxima sul ponte di poppa di un motopeschereccio della marineria di Ancona. Sono evidenti i nuclei rossi a forma di ciliegia e organismi impigliati nelle maglie della rete.
Foto 3. Straordinarie foto di Thalia democratica nei fondali del Salento (Torre Sant'Andrea, LE). Nell'ultima foto si noti come il fondale sia letteralmente ricoperto da un tappeto di salpe.
Questi fenomeni, infatti, ci invitano a riflettere sugli equilibri bio-geo-chimici del mare, in quanto il modificarsi di alcune vie nel ciclo del
carbonio marino (per la verità ancora poco conosciuti e anche un po’ complessi da capire ma, di assoluta rilevanza ) starebbero secondo alcuni studiosi cambiando i nostri oceani.
Foto 4. Lunghissima catena di salpe avvistate dalla superficie. Una singola catena può essere costituita da moltissimi organismi che vengono portati alla deriva dalle correnti. Nella seconda foto, alcuni esemplari morti in superficie.
Questi animali possono danneggiarci in un modo molto più subdolo di una banale puntura perché la loro presenza può impoverire il mare, almeno per quel che riguarda il soddisfacimento delle nostre
necessità alimentari: vediamo come. Provando a semplificare, questi organismi gelatinosi, appartenenti alla categoria dello zooplancton oloplanctonico (cioè che passano tutta la loro vita nel
plancton), sono dei piccoli ma occasionalmente numerosissimi consumatori di fitoplancton e batteri. Ogni catena, lunga anche svariati metri (Foto 4), è costituita da moltissimi individui che sono
portati alla deriva dalle correnti. Questi animali filtrano l’acqua marina attraverso le loro branchie ricoperte di muco.
Fin qui tutto bene, se non fosse che la loro presenza massiva e prolungata può creare un corto circuito nei flussi di materia perché a causa della loro altissima efficienza di filtrazione, possono depauperare il mondo microbico, lasciando senza risorse quella che in gergo si chiama la “via crostacei-pesci”.
Queste relazioni sono ben schematizzate nella figura 1, tratta dal poster “Un modello semplice di sistema marino” ideato e concepito dal Prof.
Boero e da altri ricercatori dell’Università del Salento. Così facendo, questo macroplancton gelatinoso, realizza un corto circuito nel flusso del carbonio, che dai microbi arriva al necton.
Quando sono abbondanti gli organismi gelatinosi possono diventare nostri competitori, in quanto usano risorse che altrimenti diventerebbero un giorno dei pesci. Le salpe sono componenti della
colonna d’acqua solitamente rari, ma possono diventare improvvisamente molto abbondanti in concomitanza a bloom fitoplanctonici. Le loro esplosioni demografiche d'altronde, sono seguite da
improvvisi collassi delle popolazioni di pesci. Non sono quindi una fonte costante di alimento per eventuali predatori e una volta morti, cadono sul fondo sotto forma di neve marina,
“uscendo” dalla rete alimentare e deviando l’energia dei microorganismi di cui si cibano verso il fondo marino a discapito di crostacei e pesci. Di conseguenza, questi grandi cambiamenti nella
loro abbondanza o distribuzione possono alterare il ciclo del carbonio degli oceani, e potenzialmente giocare un ruolo importantissimo nel cambiamento climatico.
Gli organismi gelatinosi (includendo anche le meduse e gli ctenofori), inoltre, possono risultare devastanti anche dal punto di vista meccanico: la loro massa gelatinosa ha fatto
chiudere centrali nucleari e distrutto molte reti da pesca nel Pacifico. Un problema quello sulla pesca, riscontrato occasionalmente anche in Adriatico, in quanto le reti possono riempirsi di
questi organismi fino a sfondarsi. Per questi motivi alcuni ricercatori, tra cui il già citato Prof. Ferdinando Boero, hanno da tempo dato il via alla ormai nota campagna “Occhio alla medusa”
(promossa anche dal progetto europeo Vectors, CIESM JellyWatch Program, Conisma, CNR-Ismar, Marevivo e Lega Navale) con l’obiettivo di segnalare le meduse o il più correttamente definito
“plancton gelatinoso” delle coste italiane e di tutto il Mediterraneo, allo scopo di offrire una “mappa” della loro presenza al servizio dei bagnanti, ed inoltre monitorare scientificamente il
fenomeno. L’episodio verificatosi in Adriatico non deve destare scalpore, anche se tanto vistoso; quello che deve far riflettere è la frequenza e la persistenza di questi eventi, segnali
sentinella di un cambiamento degli equilibri biologici e climatici in atto.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI ED APPROFONDIMENTI:
http://meteomeduse.focus.it/
http://www.ciesm.org/marine/programs/jellywatch.htm