Moria di spugne in Adriatico

Cristina Gioia Di Camillo Reef Check Italia Onlus

 

La subacquea negli ultimi anni è diventata uno strumento prezioso per i biologi marini, che hanno la possibilità non solo di campionare gli organismi, ma anche di osservarli direttamente nel loro ambiente naturale. Inoltre i monitoraggi a lungo termine permettono di studiarne il ciclo vitale e talvolta si assiste a fenomeni inaspettati, come la moria di una o più specie. Molti fattori, ad esempio il riscaldamento globale, l’uso di sostanze inquinanti, la raccolta eccessiva di specie a scopi commerciali e l’introduzione di specie invasive, possono favorire l’insorgenza di malattie negli animali marini. 

Negli ultimi decenni, sono state riportate numerose segnalazioni di specie marine affette da patologie, alcune delle quali hanno causato fenomeni di mortalità di massa, come la malattia che ha colpito una specie di riccio di mare nei Caraibi o come quelle descritte per il corallo rosso e diverse specie di gorgonie del Mediterraneo. I fattori che innescano la patologia non sono sempre chiari, spesso le variazioni di alcuni parametri ambientali (ad es. l’innalzamento della temperatura) possono rendere gli animali più vulnerabili alle infezioni. Persino le spugne, nonostante la loro abilità di rigenerare le porzioni danneggiate, possono essere colpite da malattie.Nel 1986 nel Mediterraneo si è verificata un’imponente moria di spugne commerciali probabilmente causata da un batterio in grado di distruggere le fibre di spongina. 

Non si tratta di un caso isolato in quanto negli ultimi anni ci sono state numerose segnalazioni di moria delle spugne nei mari italiani, come ad esempio quella del 1994 in Puglia o quella che ha interessato le spugne dell’Isola d’Elba, nel 2008. 

Nell’agosto 2009 è stata osservata una moria di tre specie di spugne cornee (Sarcotragus spinosulusIrcinia variabilis e Spongia sp.) in alto Adriatico, precisamente presso la Riviera del Conero (Ancona). In questa area, le spugne sono abbondanti soprattutto sulla parete rocciosa rivolta a nord dello  scoglio del Trave e rappresentano una delle comunità principali tra i 4,5 e i 7m di profondità. 
Gli esemplari malati avevano un aspetto molto diverso dalle spugne sane, alcuni mostravano delle piccole aree necrotiche di colore chiaro sulla superficie; altri erano in un evidente stato di decomposizione con gli stati superficiali sfaldati; spesso le spugne erano coperte da batteri che formavano ampie aree biancastre.  Nello stadio successivo della malattia, i tessuti della spugna risultavano parzialmente o completamente disgregati ed era possibile vedere la fitta trama di fibre di spongina componenti lo scheletro dell’animale. A fine agosto la densità degli esemplari malati variava da 1 a 4 per m e nel mese successivo la maggior parte delle spugne morte o morenti era staccata dal substrato per azione del moto ondoso. Non sono ancora chiare le cause del fenomeno, ma  di sicuro l’elevata temperatura dell’acqua ha avuto un ruolo chiave nell’innescare la patologia.
La Riviera del Conero presenta un fondale molto basso, che non supera i 14 m di profondità e il mare può scaldarsi rapidamente durante la stagione calda. L’estate del 2009 risulta la più calda degli ultimi tre anni, e a fine agosto la temperatura superficiale dell’acqua era di 27,7 °C, questo potrebbe aver causato lo sviluppo di un organismo patogeno o aver danneggiato qualche meccanismo di difesa delle spugne, favorendo l’insorgere della malattia.
La maggior parte delle spugne del Trave è ancora in buona salute, ora la temperatura dell’acqua comincia ad abbassarsi e, probabilmente, la malattia è già in una fase di regressione. Comunque i casi di malattia delle spugne sembrano essere sempre più frequenti sia in Mediterraneo che negli ambienti tropicali e gli studi condotti per comprenderne le cause e prevederne le conseguenze sono ancora pochi. Le spugne rivestono un importante ruolo ecologico per la loro capacità di filtrare grandi quantità d’acqua e perché offrono rifugio a numerose specie commensali, pertanto la scomparsa di un popolamento di spugne da un dato ambiente potrebbe avere conseguenze imprevedibili sia sull’habitat che sulle specie associate. Inoltre, l’evidente correlazione con i cambiamenti ambientali è un ulteriore stimolo a studiare il fenomeno. 

 

Le spugne

Le spugne o poriferi sono animali semplici, in genere hanno forma irregolare e le colorazioni sono dovute alla presenza di pigmenti o simbionti. La superficie è cosparsa di pori mentre all’interno si osserva una fitta rete di canali che costituiscono il sistema acquifero; l’acqua di mare entra nel corpo della spugna attraverso i pori inalanti, percorre il sistema acquifero ed esce attraverso pori esalanti. Il movimento dell’acqua è promosso dal battito dei flagelli di cellule speciali, dette coanociti. Durante il passaggio dell’acqua di mare, la spugna trattiene l’ossigeno e le sostanze nutritive e questo tipo di alimentazione viene definita filtrazione attiva. Le spugne possono presentare uno “scheletro” flessibile, composto da fibre di collagene (spongina) o da un’impalcatura di strutture aghiformi, dette spicole. Alcune specie presentano sia le spicole che le fibre di collagene mentre altre, come le spugne cornee, sono formate solo da spongina. Le spugne cornee comprendono anche le spugne da bagno, note per la particolare morbidezza ed elasticità. 

 

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Rete Mareografica Nazionale http://www.mareografico.it