IL PASSAGGIO DEGLI SQUALI ELEFANTE

Federico Betti – Reef Check Italia Associate Program Manager

L’11 giugno, davanti alla costa anconetana è stato trovato, soffocato in una rete da pesca, un giovane maschio di squalo elefante (Cetorhinus maximus), lungo 3, 65 metri dal muso al peduncolo caudale; dimensioni ragguardevoli, quindi, ma non per questa specie, i cui esemplari adulti possono arrivare ad una lunghezza di oltre dieci metri.

La notizia ha sollevato molta curiosità, ma va detto che la presenza di squali elefante nelle acque Adriatiche è tutt’altro che casuale: ogni anno, infatti, nei primi mesi estivi si susseguono nella zona diversi avvistamenti. Vediamo perché.Cetorhinus maximus, detto squalo elefante o cetorino, è, come tutti gli squali, un animale a scheletro cartilagineo, e fra questi è secondo, per taglia, al solo squalo balena Rinchodon tipus.

Come quest’ultimo, si nutre di plancton, ossia di organismi di piccolissima taglia trasportati dalle correnti nella colonna d’acqua; per nutrirsi questo squalo privo di denti procede lentamente in acque superficiali (gli inglesi lo chiamano infattibasking shark), in genere contro corrente, nuotando a bocca spalancata.Le acque nord adriatiche sono ricche di plancton, soprattutto nei mesi tardo primaverili ed estivi quando, grazie anche al contributo in nutrienti del Po, lo zooplancton si ritrova con una gran quantità di fitoplancton a disposizione e la sua presenza aumenta quindi rapidamente. Quando cresce lo zooplancton compaiono i relativi predatori tra i quali il nostro squalo elefante che sembra possa arrivare a filtrare circa 2000 m d’acqua all’ora (se si pensa che viaggia a circa 2 nodi e che può avere un’apertura orale di un metro…i conti tornano!).

Poiché la circolazione delle acque superficiali in Adriatico procede in senso antiorario, risalendo le coste slave per poi scendere lungo le coste italiane, ecco che in questo periodo branchi di squali elefante viaggiano a bassa profondità, controcorrente dal canale di Otranto verso Trieste, ed alcuni di essi, purtroppo, possono restare intrappolati in eventuali reti da pesca che incontrano lungo il loro percorso. Anche in altre parti del Mediterraneo si possono talvolta verificare accidentali catture di questa specie ma in genere sempre in concomitanza di picchi stagionali di zooplancton. La loro presenza rappresenta quindi un buon indicatore dei cicli biologici costieri.